giovedì 9 gennaio 2014

Applausi 3

Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e rapidità di esecuzione. Famosa citazione del cult movie Amici Miei.

Metti che tu sia su un aereo tedesco che ti porta da Torino a Francoforte. La puntualità è sempre vitale, quando hai poco più di un’ora per prendere l’aereo successivo. Salvo che abbiano ottime ragioni per farlo, gli aerei grossi non aspettano quelli piccoli.

Metti che l’aereo sia pieno di italiani pronti a partire per le vacanze.

Metti che una coppia di mezza età decida di sedersi nell’ultima fila della business – e qui gli scenari possibili sono molteplici. Infingardia – o incapacità da mancanza di pratica – nel cercarsi i propri reali posti, da qualche parte in economy? Autonoma scelta di sedersi vicini (magari i loro posti erano separati, essendo l’aeroplanino piuttosto pieno)? O, volendo pensare peggio, furbesco ma ingenuo desiderio di approfittare dei servigi della classe superiore (furbesco perché a degli italiani ho visto fare anche di peggio, ingenuo perché chi ha un minimo di consuetudine col volare sa che l’equipaggio ha la mappatura completa dei posti, con tanto di nomi dei passeggeri).

Metti che un giovane steward, di bell’aspetto e di sorriso pronto, con una inusuale scintillante pelata a caratterizzarlo, approcci i due occupanti abusivi con aria interrogativa ed un foglio in mano, e che riceva desolati scuotimenti di capo alle sue sequenziali domande se parlassero tedesco o almeno inglese.

Ora, il novantanove per cento del personale viaggiante avrebbe ingaggiato un’estenuante battaglia lessicale (magari con l’aiuto di qualche volontario che facesse da traduttore), per fare estrarre ai due le carte d’imbarco, rivelando i posti a loro assegnati al check-in. Quindi si sarebbe trattato – in un aereo strapieno – di farli spostare con i relativi bagagli a mano, che per la legge di Murphy sarebbero stati di dimensioni elefantesche e non avrebbero trovato posto in nessuna delle cappelliere vicine ai loro sedili, causando aperture e chiusure a ripetizione degli strabuzzanti vani, e possibili cadute di oggetti in precarissimo equilibrio instabile. Sempre che i loro posti non fossero stati nel frattempo occupati da altri passeggeri che prendono l’aereo per un bus, e quindi scelgono da sé il primo posto libero, per sedersi di finestrino, o accanto all’amico, o sul corridoio perché soffrono di ansie se qualcuno blocca loro la via all’evacuazione in caso di emergenza. In tal caso i su descritti traslochi si sarebbero trasformati in una bagarre ingestibile negli angusti spazi di un piccolo bireattore da rotte regionali.

Quanto tempo avrebbe richiesto tale routine? Probabilmente a sufficienza da perdere lo slot di decollo (e passi, siamo a Caselle, mica a Hong Kong), ma soprattutto quello di atterraggio (a Francoforte perdere lo slot di atterraggio può voler dire girare in tondo sull’aeroporto in attesa dell’autorizzazione dalla torre di controllo altri dieci o quindici minuti, talvolta essenziali per chiudere una coincidenza). Le mie chances di prendere il volo successivo si sarebbero affievolite. Già immaginavo di dover trascorrere la notte a Francoforte, e partire ventiquattr’ore dopo (sono vacanze, certo, ma perché dover sprecare un giorno a causa di due che non sanno – o non vogliono – sedersi al loro posto in aereo?).

Il nostro Kojak in divisa Lufthansa ha dimostrato la sagacia propria dell’ispettore dalla crapa pelata. Appartenente a quel raro uno per cento di autentici problem solvers, ha intuito le potenziali disastrose conseguenze di seguire la prassi e far traslocare i due dall’ultima fila di business. Poi, visto che gli altri due posti simmetrici della stessa fila erano vuoti, ha inventato ed eseguito al volo la soluzione più creativa. Sganciando e spostando una fila più avanti, con due semplici gesti, le tendine che separavano la zona business dall’economy. L’economy cominciava dalla fila sei? Ora comincia dalla fila cinque, dicevano i suoi occhi soddisfatti, mentre si guardava intorno per verificare che tutto il resto fosse a posto e si potesse partire senza indugi.


Che cos’è il genio? È fare prendere a tutti i passeggeri la loro coincidenza, trovando la soluzione più semplice e rapida al problema. Siccome non avevi la targhetta con il nome, ho deciso che ti chiamerò come il brillante ispettore dei telefilm. Grazie, Kojak. Sei stato davvero grande. Tu sì che ti meriti un applauso.




4 commenti:

  1. Ormai, ogni volta che vedrò una tenda da doccia, non penserò più a psyco, ma a Kojak :-)

    Alex

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  2. Proporrei questo steward l'assegnazione di una poltrona governativa.
    Chissà, forse riuscirebbe persino a risolvere il penoso caso dei nostri maro.
    Tesea

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  3. ciao Alex,

    a te come agli altri commentatori chiedo scusa del ritardo nelle risposte.

    Bella la citazione! Vedi che ogni tanto un raccontino semiserio serve per creare associazioni d'idee positive...

    Grazie della visita e del commento, a presto,
    HP

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  4. ciao Tesea,

    gli vorresti davvero male!! Metterlo in compagnia di pocofacenti, dediti al lucro piuttosto che alla cura della cosa comune, non lo farebbe certamente sentire a suo agio! E poi creerebbe uno spiacevole termine di paragone.

    In quanto al caso dei due marò, non mi sembra ci sia un grande impegno da parte delle istituzioni, per cercare di risolvere la questione. Mi sembra che l'autorevolezza dell'Italia, specie nei confronti di nazioni grandi e potenti come l'India, sia veramente molto scarsa.

    Siamo un piccolo staterello retto da governanti altrettanto piccoli.

    Grazie del commento, a presto,
    HP

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